Racconto di primavera

Sulla strada degli uomini

Scritto il 31 Maggio 2023 da Monica Capretti

La storia comincia così: tornavamo da un tranquillo week-end trascorso tra i monti Sibillini, seduti in auto con la musica accesa e già proiettati verso la “pazza folla” della città, ci lasciavamo cullare dalla solita malinconia da rientro.
Qualcosa però attira la nostra attenzione.
Cosa c’è lì sul bordo della strada?!
Sta camminando lungo il guard-rail ma non riesce a scavalcarlo.
È un cerbiatto. I nostri occhi increduli seguono il giovanissimo cervo che dal passo incerto e ancora tremolante lasciava intendere un’ancora scarsissima esperienza di mondo.
Cosa facciamo adesso?
Ci guardiamo ansiosi.
Il piccolo è proprio dietro la curva ed è domenica. Non sono zone particolarmente frequentate ma durante i fine settimana il traffico aumenta e spesso le auto si scordano della possibilità di incontrare animali sulla carreggiata ed eccedono con l’acceleratore. Avevo già avuto molte esperienze di incontri con animali selvatici, tutte esperienze emozionanti che in un modo o nell’altro mi porto dentro …stavolta però era diverso.
Tutte le altre volte non ho mai pensato di intervenire ma anzi ho sempre cercato di essere invisibile ma questa volta ho sentito immediatamente l’esigenza di fare qualcosa per evitare un epilogo tristissimo. Era la prima volta che sulle “mie montagne”, tra i luoghi della mia infanzia e spero del mio futuro, vedevo un cerbiatto. Da bambina ascoltavo rapita e sognante i racconti di mio padre sui suoi incontri con i selvatici che avvenivano proprio tra quelle vallate dove ancora sento echi e ricordi del passato. Una storia in particolare mi torna spesso in mente: di quando sì trovò davanti ad un lupo e del breve ma intenso momento in cui i loro sguardi si sono incrociati. Babbo, così l’ho sempre chiamato affettuosamente, sono 22 anni che non è più tra noi, eppure ho un ricordo molto vivido dei suoi occhi emozionati ogni volta che raccontava questo episodio.
Come mio padre mi lascio affascinare dalla natura, da anni seguo le impronte, fotografo cerve e cervi e ad ottobre mi lascio rapire dai bramiti. Non sarei mai andata via lasciando il cerbiatto in balia degli uomini, della strada e delle macchine.
Scendo dall’auto e provo a scortarlo verso il bosco più vicino ma il passaggio di un’auto lo spaventa. Il cerbiatto corre lungo il guard-rail sbattendoci ripetutamente contro fino ad accasciarsi a terra esausto.
Appena lo raggiungo percepisco chiaramente il suo terrore, sono agitata anche io e so che la mia presenza lo turberà ulteriormente. Senza toccarlo comincio a battere le mani per cercare di farlo spostare ma appena rimesso in piedi riprende a seguire il guard-rail incapace di scavalcarlo. Non voglio toccarlo perché so che rischierei di fare danni irreparabili lasciandogli addosso il mio odore. La madre potrebbe non riconoscerlo più e quindi abbandonarlo. Neanche questo è il finale della storia che desidero.
Mentre insisto nel direzionarlo verso la boscaglia succede qualcosa che mi stupisce più di quanto già non lo fossi.
Dall’altra parte della strada, poche centinaia di metri più avanti, sbuca dal bosco un altro cerbiatto che si avvicina cautamente ed osserva incuriosito quella strana creatura bipede che batte le zampe dietro a quello che, ho pensato, potrebbe essere suo fratello.
Da un lato la meraviglia, l’incanto di un incontro sognato per anni e dall’altro l’angoscia per una situazione che vedo peggiorare davanti ai miei occhi: ora sono diventati due i cerbiatti che sento di dover allontanare dalla strada! Non mi perdo d’animo e persevero nell’accorato tentativo di accompagnare il primo fuori dalla strada mentre con la coda dell’occhio vedo l’altro che fortunatamente si volta e torna da dove era venuto, nascosto nella boscaglia.
Dopo infiniti tentativi il piccolo cervo riesce finalmente ad attraversare la strada, io continuo ancora un po' a seguirlo spingendolo verso la direzione in cui l’altro è ormai scomparso completamente dalla mia vista.
Quando ci troviamo di fronte ad una breve ma ripida salita che separa la strada dal bosco non posso fare a meno di provare ammirazione e commozione notando le sue lunghe ed esili zampe che cercano con estrema fatica la forza di superare quell’ostacolo; uno dei primi che la vita selvatica ha in serbo per lui; una delle prime volte in cui ha guardato in faccia un uomo e ha calpestato le sue strade nere.
Giunto sopra la scarpata trova davanti a sé il bosco, dietro c’ero io con alle spalle la strada dalla quale ero riuscita a tenerlo lontano, si volta e per l’ultima volta mi guarda per poi scappare e scomparire veloce tra la vegetazione.
Io non so che fine abbia fatto, se sia vivo o sia morto, se sia tornato sulla strada degli uomini o se invece abbia capito che è meglio starne lontano. Non so se il mio intervento sia stato completamente giusto o sbagliato o se potevo fare meglio. Quello che è sicuro è che ho seguito il mio istinto e mi sono lasciata guidare dalle conoscenze acquisite: se non avessi saputo che è sbagliatissimo toccarli sicuramente avrei pensato che la soluzione più veloce e sicura fosse spostarlo di peso.
Non penso che dimenticherò quel piccolo cervo, la pelliccia maculata, le zampe ossute e tremanti, i grandi occhi erbivori, impauriti e brillanti. Forse mi illudo, ma quell’ultimo sguardo che ci siamo scambiati era diverso, ho avuto la netta sensazione che lui abbia capito che avevo cercato di aiutarlo.
Anche se razionalmente dubito che sia andata così mi piace continuare a fantasticare pensando che quell’ultimo sguardo è stato un saluto con il quale ha voluto ringraziarmi per aver cercato di proteggerlo.

Monica Capretti

Monica Capretti di Civitanova Marche, praticamente nata e cresciuta in montagna, nei primi anni tra le vallate delle Dolomiti e poi a Ussita nei Monti Sibillini, vive ora al mare ma ogni occasione è buona per tornare alle origini ed...
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