"La massa arruffata del colore dei trucioli del legno ci guardava diffidente con occhi giallo elettrico. Non capimmo subito di che specie si trattasse. Era senz’altro un gufo, ma di dimensioni inaudite, grosso quanto un'aquila ma più pennuto e corpulento, con ciuffi sproporzionati sopra le orecchie. Si stagliava nel grigio fosco del cielo invernale e sembrava fin troppo ingombrante e buffo per essere un vero uccello, come se qualcuno avesse appiccicato in fretta e furia manciate di penne addosso ad un cucciolo d’orso e poi avesse appeso il disorientato animale ad un albero.”
Titolo e copertina non mentono, questo è sicuramente un libro sui gufi, sui gufi pescatori che appaiono come fantasmi lungo le sponde dei fiumi ghiacciati del Territorio del Litorale, quell’angolo remoto di mondo dove Cina Russia e Corea del Nord “confinano in un garbuglio di montagne e filo spinato”. Siamo nella Siberia in cui Vladimir Arsen’ev conobbe Dersu Uzala, la terra in cui convivono tigri dell'Amur, orsi e leopardi.
“Dall'aereo vidi i raggi del sole infrangersi sopra un mare di montagne verdi e ondulate: rigogliose, fitte di vegetazione e incontaminate. Sotto il mio sguardo attonito si innalzavano creste spettacolari che precipitavano a valle come una distesa d’onde lunga chilometri e chilometri”.
Jonathan C. Slaght, che vi presento come scienziato e coordinatore del ramo russo e nordasiatico della Wildlife Conservation Society, dichiara subito i propositi che lo hanno indotto a partire e poi a scrivere: “ridare equilibrio alla relazione tra gufo ed essere umano e conservare le risorse naturali necessarie ad entrambi”. Esatto, si parla di relazione, quindi non stupitevi se parlando del gufo di Blakiston, di strane “K” stampate sulla neve, di trappole e notti insonni, nidi in vecchi alberi cavi, di monitoraggi e trasmettitori, fiumi gelati, caprioli e salmoni giganti succeda che prenda spazio e importanza anche un'umanità tanto stoica quanto strampalata, tanto generosa quanto impassibile, un’umanità che potreste credere uscita dalla penna di Paasilinna e che proprio come il gufo dei ghiacci orientali non abita semplicemente questa terra, ma ne fa parte. Ecco allora eremiti, ex agenti del KGB sovietico, taglialegna, fuggiaschi, cacciatori senza un braccio, uomini indistruttibili che possono tracannare senza fare distinzioni vodka, etanolo o detergente e immergersi poi placidamente in corsi d’acqua riscaldati da gas radioattivi o in una banja. Avete tra le mani una chimera gioiello: un saggio scientifico e un trattato di ornitologia, un reportage di umanità e un compendio di antropologia, uno studio geografico e un'avventura in motoslitta immersi in quella natura che mozza il fiato per forza e bellezza. Slaght riesce a tenere insieme i pezzi di questo splendido esempio di nature writing rispondendo in modo elegante e riuscito alla necessità urgentissima di riunire invece che continuare a disgiungere, per una ricerca scientifica finalmente ricchissima di umanità. È evidente ormai che per gestire i conflitti uomo e natura, per preservare il pianeta, è importante comprendere il comportamento degli uomini quanto quello degli altri animali.
“Tra i territori della fascia temperata, il Litorale russo è uno dei pochi dove, per sopravvivere, umani e fauna selvatica attingono alle stesse risorse. Ci sono pescatori e salmoni, taglialegna e gufi, cacciatori e tigri. In molte parti del mondo l’urbanizzazione e la sovrappopolazione hanno cancellato i sistemi naturali come questo; nel Litorale la natura è ancora un flusso di elementi interconnessi. Coì facendo arricchisce il mondo: gli alberi dell’estremo oriente russo diventano i pavimenti del Nordamerica, il pesce delle sue acque è venduto in tutta l’Asia. Il gufo pescatore è il simbolo di un ecosistema che funziona, la dimostrazione che esistono ancor aree in cui la natura è incontaminata.”