Tra una passeggiata al buio e una scorpacciata d’ insetti, il riccio non è cambiato granchè negli ultimi 15 milioni di anni: esso presenta caratteristiche morfologiche arcaiche come ad esempio la formula dentaria ed il cervello, che lo accomuna ai primi mammiferi comparsi sulla terra al termine del Cretaceo.
Purtroppo molti di loro muoiono prima di festeggiare il proprio compleanno, tra quelli che vengono schiacciati ogni anno sulle strade, altri che assumono pesticidi sempre più potenti, o a causa della distruzione dei margini erbosi dei campi, dove i ricci amano farsi la tana. La sorte non è migliore nemmeno per i “ricci urbani” che vengono triturati dalle falciatrici, o infilano la testa in contenitori di alimenti e muoiono di fame; altri muoiono di diarrea per colpa dei benintenzionati che lasciano loro pane e latte. Il miglior modo di aiutare i ricci non è dar loro da mangiare ma lasciarli liberi di scorrazzare nell’orto. Un solo adulto è in grado di trangugiare 50 lumache in una sera.
Grazie alla “palla spinosa” che formano per difesa, i ricci hanno pochissimi predatori naturali. Il tasso è l’unico animale con mascelle abbastanza forti da aprire un riccio appallottolato, anche se è vero che alcune volpi ci urinano sopra per costringerli a srotolarsi.
Il riccio inoltre è estremamente immune al veleno: può sopravvivere al morso di una vipera che ucciderebbe una cavia in cinque minuti. La tanta resistenza può essere spiegata attraverso un comportamento particolare: l’ “AUTOSPUTO”, per cui il riccio si contorce fino a ricoprire il proprio dorso di cumuletti di saliva dopo aver masticato la pelle velenosa di un rospo, creando così una mousse tossica sugli aculei. In questo modo i predatori sono meno attratti.
Un riccio adulto ha più di 5000 aculei, che altro non sono che peli cavi con un rinforzo di cheratina, la stessa sostanza di cui sono fatte le nostre unghie.