Il 18 settembre 2024 esco di casa di notte e noto una bellissima luna gigante nel cielo. "Sarebbe bello fotografarla con un cervo davanti" penso sorridendo mentre salgo in auto. Mi metto in viaggio con l'amico Antonio per tutta la notte, quando verso le 4:40 del mattino mi cade nuovamente l'occhio lì e mi accorgo che alla luna manca uno spicchio.
"Ma oggi c'era un'eclissi?" chiedo assonnato, e una rapida verifica sul web conferma la cosa. Dopo un po' arriviamo alla nostra meta, è buio ma subito estraggo la fotocamera.
Inquadro la luna vicino alla cresta della montagna, e intravedo delle sagome: due cerve accovacciate e un maschio sdraiato si riposano, recuperando le forze in questo periodo di bramito così stancante.
Apparentemente, la luna si muove velocissima verso il basso, e ho solo pochi secondi per inquadrare e scattare.
Così, senza la straordinaria pianificazione di quelle foto di allineamenti che diventano virali, ma con una buona dose di fortuna e coincidenze, ottengo lo scatto che avevo immaginato, nel dormiveglia, ore prima uscendo da casa, a 700 km di distanza.
Un maschio in piedi sarebbe stato più scontato, quello che ci si aspetterebbe, ma sono contento di aver ritratto un momento così intimo e sereno della vita segreta di questi animali: il riposo. Non possono essere sempre i maschi che combattono i protagonisti, non possono essere sempre loro al centro della scena.
La fotografia mi ha permesso di unire due mondi distanti: da un lato quello del cervo, dall'altro quello della luna alla fine dell'eclissi.
Non si parlano loro, non si guardano loro, eppure sono sempre insieme, sotto la volta di un cielo nero e infinito.
È bello sapere che ci sono.
Grazie, montagna, per questo nuovo dono.
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