Il cibo per me è convivialità
la prima cosa che guardo in ogni casa è la cucina, perché da come è disposta si capisce se sei in un luogo ospitale
Nei miei racconti del territorio, dove parlo delle leggende sulla sibilla e delle persone che ce l’hanno tramandata, ho sempre cercato di mettere qualcosa da mangiare o da bere alla fine.
Perché è quando si mangia che ci si incontra, che si chiacchiera tranquillamente e ci si confronta su quello che si è detto, si fanno domande senza imbarazzo. Però non bastava, perché il cibo è una roba troppo incastrata nella storia di un territorio per essere semplicemente una decorazione a chiusura di una serata e io odio le decorazioni che non hanno senso.
Quindi ho deciso di studiarlo e di raccontarlo, ‘sto cibo, e di legarlo alle storie della sibilla che sono storie di un territorio
E ogni volta che comincio a parlarne e vedo la gente che mangia e mi ascolta penso “ce la farò a far capire quello che intendo? Si metteranno a mangiare e si scorderanno di ascoltarmi?”
E invece funziona sempre, perché non è una cosa creativa: il cibo è storia, tradizione, lavoro, danza e paesaggio. C’entra con tutto.
Per me quindi è diventato anche un progetto